Visitare gli Scavi di Pompei significa immergersi nella vita di una città romana del I secolo d.C., tragicamente interrotta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Tra i molti siti emozionanti e carichi di storia, uno dei più toccanti è l’Orto dei Fuggiaschi di Pompei, situato nella zona meridionale della città, in Regio I, Insula 21. Questo luogo, un tempo un semplice giardino con vigneto e orto, oggi è famoso per aver restituito i calchi di tredici vittime dell’eruzione, tra cui diversi bambini.
Dove si trova?
Mappa di Pompei: Regio I – 16
Google MapsIl significato del nome: Orto dei Fuggiaschi

Il nome “Orto dei Fuggiaschi di Pompei” deriva proprio dalla posizione dei tredici corpi, trovati nell’antico orto (o vigneto) della zona e dall’evidenza che stessero cercando di fuggire. La definizione di “fuggiaschi” richiama la concitazione degli ultimi momenti: ci fa capire che non si tratta di persone rimaste in casa ad aspettare il destino, ma di individui che, forse spaventati dalla caduta dei lapilli, avevano deciso di tentare un’ultima sortita verso l’uscita meridionale della città.
Il termine “fuggiaschi” rende bene l’idea del dramma: una fuga spinta dalla volontà di sopravvivere, resa vana dall’arrivo della nube piroclastica. Le condizioni di ritrovamento dei corpi — in parte sovrapposti, con alcuni bambini protetti dagli adulti — sottolineano il caos e la velocità dell’evento.
Un giardino tra vita quotidiana e tragedia

Prima della catastrofe, l’Orto dei Fuggiaschi di Pompei era un’area agricola in cui si coltivavano ortaggi, viti e altri prodotti destinati al fabbisogno della popolazione locale. La sua posizione, vicina alla Grande Palestra e non distante dalla Porta Nocera, permetteva un facile accesso ai campi e ai sentieri che uscivano dalla città. Alcune fonti suggeriscono che in questa insula si trovassero un paio di case più piccole, mentre la maggior parte del terreno era adibita a giardino e vigneto, con un pergolato per banchetti all’aperto. La cura dei campi rifletteva la vocazione agricola di Pompei, una città fiorente anche grazie ai terreni fertili che circondavano il Vesuvio.
Oggi, l’area è stata sapientemente restaurata per richiamare l’antico aspetto di questo spazio verde. Camminando tra i filari ricostruiti e le piante decorative, è possibile immaginare la vita quotidiana dei pompeiani: dal lavoro nei campi alle occasioni conviviali, come i pasti all’aperto sotto il pergolato. Tuttavia, l’Orto dei Fuggiaschi richiama anche un momento drammatico nella storia della città: quello in cui un gruppo di uomini, donne e bambini cercò disperatamente di fuggire dalla furia dell’eruzione.
La scoperta dei tredici calchi
I calchi di tredici vittime sono stati riportati alla luce durante gli scavi condotti tra l’aprile e il giugno del 1961, sotto la direzione di Amedeo Maiuri, allora sovrintendente di Pompei. Quando gli archeologi si imbatterono in alcune cavità nel terreno — formatesi in corrispondenza dei corpi decomposti — decisero di sfruttare il metodo inventato da Giuseppe Fiorelli verso la metà dell’Ottocento: versarono del gesso liquido all’interno di questi vuoti. Una volta solidificato, il gesso restituì in maniera sconvolgente l’ultima posa delle persone che lì avevano perso la vita.
Il risultato fu drammatico e profondamente toccante: tredici figure umane, tra cui bambini e adulti, sono apparse come se il tempo si fosse fermato un attimo prima della loro morte. Molte di queste vittime presentano posizioni di protezione (come le mani sul volto o sul petto), segno che tentarono in extremis di difendersi dal calore e dalla pioggia di cenere. Alcuni corpi sembrano stringersi l’uno all’altro, altri appaiono isolati, come se stessero ancora cercando una via di scampo verso Porta Nocera.
Perché sono morti nell’orto?

Nel tardo autunno del 79 d.C., l’eruzione del Vesuvio iniziò con una colonna di cenere e lapilli che si innalzò per chilometri, oscurando il cielo e provocando il crollo dei tetti sotto il peso dei materiali vulcanici. Gran parte degli abitanti di Pompei, rendendosi conto del pericolo, fuggì nelle prime ore dell’eruzione. Chi rimase probabilmente sottovalutò la gravità degli eventi o sperò di poter salvare i propri beni.
Nelle prime ore del mattino successivo, dopo circa venti ore dall’inizio dell’eruzione, una serie di nubi piroclastiche ad alta temperatura (si parla di 200-300 °C, o anche di più) e a grande velocità (fino a 100 km/h) investì l’intera città, uccidendo all’istante chiunque fosse ancora presente. Le persone trovate nell’Orto dei Fuggiaschi di Pompei stavano tentando di lasciare la città attraverso la vicina Porta Nocera, forse già parzialmente ostruita da metri di pomici e lapilli, o cercavano un varco secondario in direzione sud. Furono travolti da una nube ardente, lo “surge piroclastico”, che li gettò a terra all’istante, causando una morte immediata per shock termico.
Un dolore tangibile
La forza evocativa dei calchi è straordinaria: non siamo di fronte a semplici scheletri, bensì a individui di cui possiamo riconoscere la corporatura, l’espressione del volto, la pettinatura, i tratti delle vesti. Una donna si ripara il viso, un bambino sembra quasi dormire con le manine sul petto, un uomo si sostiene sulle braccia, come se stesse cercando di rialzarsi. Rispetto ad altre vittime di Pompei, i corpi dell’Orto dei Fuggiaschi offrono un colpo d’occhio particolarmente commovente, perché ci consentono di cogliere l’emozione del tentativo di fuga e l’improvvisa devastazione del momento.
Confrontandosi con queste testimonianze, è impossibile non provare un senso di empatia per le persone che, duemila anni fa, conducevano la loro vita in modo probabilmente simile al nostro quotidiano. Il ritratto di disperazione e speranza infranta è uno degli aspetti più commoventi di una visita all’Orto dei Fuggiaschi di Pompei.
Le interpretazioni di Amedeo Maiuri e le ricerche moderne
Amedeo Maiuri, sovrintendente degli scavi di Pompei dal 1924 al 1961 e figura chiave nello studio dell’area vesuviana, fu l’archeologo che, subito dopo la scoperta dei calchi nell’Orto dei Fuggiaschi, propose per ciascun corpo una possibile “storia”: li immaginò come famiglie o gruppi di conoscenti, dando loro un’identità interpretativa (il “mercante”, la “madre debole dopo il parto”, il “servitore con la borsa sulle spalle”). Queste ricostruzioni, pubblicate sulla rivista National Geographic nel 1961, ebbero un forte impatto emotivo sul pubblico, ma si sono rivelate in parte frutto di fantasia.
Le ricerche moderne hanno chiarito che molte delle “storie” proposte da Maiuri non trovano riscontro nei dati archeologici. Grazie ad analisi più precise, come le radiografie o gli studi sullo stato di conservazione delle ossa, è emerso che alcune “borse” erano semplici difetti di fusione del gesso, mentre su patologie come l’osteoartrosi sono stati ottenuti riscontri più oggettivi. Nonostante ciò, l’idea di Maiuri di “raccontare” queste vite ha contribuito notevolmente a suscitare l’interesse del grande pubblico verso l’Orto dei Fuggiaschi di Pompei.
La sfida della conservazione

L’Orto dei Fuggiaschi di Pompei rappresenta anche una sfida dal punto di vista della conservazione. I calchi realizzati in gesso sono delicati e sensibili all’umidità, alle intemperie e ai possibili crolli di strutture vicine. Per molto tempo, diversi calchi sono rimasti esposti all’aperto o solo parzialmente protetti. Negli ultimi decenni, grazie al “Grande Progetto Pompei” e a una maggiore consapevolezza, si è avviata una ricognizione sistematica dei calchi, con il rilievo laser scanner e la realizzazione di copie in 3D. Queste riproduzioni in resina o altri materiali moderni consentono di esporre i calchi in mostre temporanee nel mondo, tutelando gli originali.
Ancora oggi, passeggiando nell’Orto dei Fuggiaschi, si possono vedere i calchi in fila, collocati dove furono ritrovati. Alcune coperture protettive e vetrine li riparano dai fenomeni atmosferici, ma il contesto all’aperto mantiene intatta la forza evocativa della scoperta in situ. Si tratta di un equilibrio delicato tra la necessità di salvaguardare questo patrimonio unico e la volontà di mostrarlo ai visitatori in una cornice il più possibile vicina a quella originaria.
Come visitare l’Orto dei Fuggiaschi di Pompei
Per chi desidera includere l’Orto dei Fuggiaschi di Pompei nel proprio itinerario, ecco alcuni consigli utili:
- Tempistica: Considera che la visita a Pompei richiede almeno un’intera giornata se desideri vedere i luoghi più importanti (come il Foro, l’Anfiteatro, alcune domus affrescate, le Terme, ecc.).
- Sensibilità: L’Orto dei Fuggiaschi di Pompei non è un semplice “reperto” archeologico, ma un vero e proprio memoriale di un gruppo di persone. Il rispetto per le vittime e la consapevolezza del dramma vissuto dovrebbe accompagnare ogni turista. Evita di arrampicarti sulle strutture o toccare i calchi, e mantieni un atteggiamento appropriato.
- Protezione dal sole: Nei mesi estivi fa molto caldo, e il sito è spesso privo di ombra. Porta con te acqua, un cappello e la protezione solare. Ciò ti permetterà di goderti l’esperienza senza disagi.
- Visite guidate: Se vuoi avere una panoramica completa sulla tecnica dei calchi e sulla storia delle vittime, valuta l’opzione di un tour guidato. Le guide professioniste potranno raccontarti aneddoti e curiosità, oltre a illustrare le più recenti scoperte archeologiche relative all’area.
Perché vale la pena visitarlo
L’Orto dei Fuggiaschi di Pompei è una tappa che esemplifica più di ogni altra la tragedia che colpì la città. In un luogo dove la natura e il lavoro dei campi si fondevano, tredici esseri umani tentarono un’ultima disperata fuga. Il risultato, purtroppo, fu un fallimento: la storia li ha consegnati a noi come calchi che, con realismo sconcertante, ci parlano del passato. Rispetto ad altri contesti pompeiani, dove l’attenzione si focalizza sulla bellezza architettonica e sulle decorazioni, qui l’aspetto umano prende il sopravvento: ci troviamo davanti a donne, uomini e bambini, strappati alla vita in pochi secondi.
In tempi recenti, molte mostre internazionali hanno esposto copie di questi calchi, suscitando sempre profonda impressione e riflessioni sul destino e sulla precarietà dell’esistenza. Eppure, vederli in loco, nell’ambiente originario, conserva una potenza emotiva senza eguali. L’Orto dei Fuggiaschi di Pompei è quindi un simbolo di quanto l’archeologia possa raccontarci storie di persone reali e di come un evento naturale possa stravolgere, in un attimo, il corso di una civiltà.
Conclusione
Se stai programmando una visita agli Scavi di Pompei, includere l’Orto dei Fuggiaschi di Pompei nel tuo percorso arricchirà la tua esperienza. Non è solo un sito archeologico, ma un luogo di memoria che ricorda, con straziante immediatezza, la tragedia del 79 d.C. e ci mette in contatto diretto con vite vissute duemila anni fa. Fra filari di viti e ortaggi ricostruiti, al cospetto dei calchi dei tredici sfortunati pompeiani, potrai comprendere la grandezza di una città romana e, al contempo, l’ineluttabilità della natura.
Lascia spazio a un momento di riflessione, rispettando la dignità di queste vittime e riconoscendo al tempo stesso l’importanza di studiare, proteggere e tramandare tali testimonianze. L’Orto dei Fuggiaschi di Pompei è un capitolo essenziale per immergersi appieno in ciò che Pompei fu e che, attraverso la tragedia, ci ha consegnato: un racconto potente di storia, quotidianità e umanità senza tempo.
FAQ sull’Orto dei Fuggiaschi a Pompei
L’Orto dei Fuggiaschi è un’area archeologica nella parte meridionale degli Scavi di Pompei, in Regio I, Insula 21. Un tempo adibito a giardino e vigneto, oggi è tristemente noto per i calchi di tredici vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., ritrovati in posizioni che testimoniano il loro ultimo disperato tentativo di fuga.
Uno dei luoghi più toccanti per osservare i calchi delle vittime di Pompei è proprio l’Orto dei Fuggiaschi. Qui si possono vedere i resti di tredici persone, tra cui bambini, che cercavano di fuggire verso l’uscita meridionale della città quando vennero travolti dalla nube piroclastica.
Il nome deriva dal ritrovamento di tredici corpi nell’antico orto (o vigneto) che costeggia l’area. Sono definiti “fuggiaschi” perché i calchi mostrano come stessero cercando di scappare dalla catastrofe. Questa denominazione sottolinea l’estremo tentativo di salvezza e l’aspetto umano della tragedia pompeiana.
I calchi furono individuati durante gli scavi del 1961, diretti da Amedeo Maiuri. Utilizzando la tecnica ideata da Giuseppe Fiorelli nell’Ottocento, gli archeologi versarono gesso liquido nelle cavità lasciate dai corpi decomposti. Una volta solidificati, i calchi hanno rivelato con drammatica precisione l’ultima posa delle persone colpite dall’eruzione.
A differenza di semplici scheletri, i calchi permettono di cogliere dettagli come l’espressione del volto, la postura e i segni di protezione (mani sul viso, corpi sovrapposti). In questo modo, trasmettono tutta la disperazione e l’umanità di chi, duemila anni fa, cercava di mettersi in salvo, donando al visitatore un impatto emotivo molto forte.
La zona era destinata alla coltivazione di ortaggi e viti, vicino alla Porta Nocera, una possibile via di fuga dalla città. I tredici individui si trovavano lì nel tentativo di superare l’area meridionale per lasciare Pompei, ma furono sorpresi dalle nubi piroclastiche ad alta temperatura, causa della loro morte istantanea.
Amedeo Maiuri, sovrintendente degli scavi negli anni in cui furono trovati i calchi, è stato fondamentale nell’interpretazione e nella divulgazione delle scoperte. Pur avendo dato ai corpi “storie” parzialmente ipotetiche, ha contribuito a far conoscere al grande pubblico la drammatica realtà dei fuggiaschi e a suscitare un forte impatto emotivo su visitatori e ricercatori.
I calchi in gesso sono molto delicati e suscettibili agli agenti atmosferici. Negli ultimi anni, grazie a progetti di restauro e al Grande Progetto Pompei, è stato avviato un programma di tutela: alcuni calchi sono stati protetti con coperture o spostati in aree espositive sicure, mentre repliche in 3D ne consentono la fruizione nelle mostre internazionali, preservando gli originali.
L’Orto dei Fuggiaschi offre un contatto diretto con la tragedia umana dell’eruzione. Rispetto ad altre aree concentrate su affreschi e architettura, qui l’accento è posto sulla dimensione più drammatica e intima della catastrofe. Vedere i calchi sul posto in cui furono ritrovati dà un valore aggiunto al racconto archeologico, ricordando al visitatore che Pompei non era solo un insieme di straordinarie costruzioni, ma soprattutto la città di persone reali.
L’Orto si trova nella parte sud-est, vicino alla Grande Palestra e in prossimità della Porta Anfiteatro.
Se sei entrato da Porta Marina dovrai percorrere gran parte di Via dell’Abbondanza sino a incontrare Vicolo dei Fuggiaschi sulla destra, che ti porterà sino all’Orto.